Uack, sob, gulp: signori, ecco a voi Nole

Ne ha combinate di tutti i colori negli ultimi tempi il povero Djokovic, ed anche la sfortuna gli si è accanita contro, a quell’ US open che sembrava poter vincere in carrozza. Ora deve ricominciare tutto da capo: se non nelle vittorie (quelle non gliele toglie nessuno, ed ancora troppe ne otterrà…), quanto meno nella edificazione della propria immagine. Ahi ahi, quanto sono lontani Roger e Rafa! di Renato BORRELLI

Oh Nole Nole, perché sei tu Nole? Prendiamo a prestito, traslandoli, i versi immortali di Shakespeare in “Giulietta e Romeo”, da usare come chiavistello per entrare -se ci riesce- nella capoccia balcanica del numero uno del mondo. Al quale, dopo l’infortunio dell’altro giorno a New York potrebbe benissimo essere affibbiato il nomignolo di Paperino: sì, proprio quello che, come si muove, ne combina di tutti i colori, per l’ira funesta di zio Paperone ed il dileggio dei saputelli nipoti Qui Quo Qua…

Eh già, perché il 2020 che era iniziato sotto formidabili auspici per Djokovic col trionfo in Australia, si è andato man mano trasformando in un inatteso calvario. Parliamoci chiaro: dopo aver dominato tra i canguri, e proseguito la stagione senza l’ombra di una sconfitta, l’obiettivo più o meno dichiarato del serbo era quello di metter finalmente mano al grande Slam, complice anche lo stop forzato di Roger, ed i mai definitivamente risolti impicci fisici di Rafa. Come dire (e qui cominciamo ad interpretare i suoi pensieri): “Se in qualche modo riesco a togliermi tra i piedi al Roland Garros il re indiscusso della terra rossa, poi la strada si fa in discesa: a Londra non ci sarà chi può mettermi i bastoni fra le ruote (mamma che brividi, se ripenso a quei due match -points…). Dopodiché, tu fammi arrivare a New York con tre slam 2020 nel carniere, che poi te lo dico io come va a finire: non son mica come quell’inconcludente di Serena, cui fu sufficiente una Vinci qualsiasi per mandare tutto a p. !”.

(Photo by Darren Carroll/USTA)

Insomma, il programmino era bel che stilato, basato sulla convinzione profonda ed inscalfibile del nostro di essere il miglior tennista della storia: assunto che ha ben presente già da un po’, ed al quale manca solo l’avallo dei numeri, da raggiungere per l’appunto nell’anno di grazia che stiamo vivendo. Parentesi: questa, che parecchi chiamano presunzione, è invece proprio la sua arma principale; una fiducia cieca ed assoluta nei propri mezzi cioè, la quale gli consente -tanto per rimanere all’esempio più noto e più recente- di rivoltare come una frittata una partita praticamente persa, ed al cospetto di 15.000 avversari sugli spalti più uno in campo (e che uno: un certo Federer, ca va sans dire…).

Senonché, per motivi che è inutile ricordare in tal sede – e comunque per il mondo intero, non solo per il fiero campione- quest’ anno è diventato di punto in bianco… di dis-grazia: tennis fermo come tutto il resto, Wimbledon che saluta quasi subito e dà appuntamento al 2021, faticosissima ripresa per lo sport della racchetta, tra dubbi ed incertezze. Ed ecco che Nole, frustrato come tutti dal corso degli eventi, comincia a mettere in moto le sue idee fantasiose per togliersi dall’ impasse: appena possibile, sotto con l’ Adria cup (“e che caspita, è necessario ripartire alla svelta, ho già perso troppo tempo nella corsa verso la mia gloria imperitura”…). Fretta, concitazione, voglia di lasciarsi il peggio alle spalle: ahimè, qualche erroruccio però viene commesso, ed urbi et orbi arriva la riprovazione netta e sdegnata sull’operato del figlio di Srdan, pure animato dalle migliori intenzioni. Non staremo qui a rivangare sulle sue leggerezze o meno nell’avallare la manifestazione, ma è un dato di fatto che la popolarità del simpatico slavo -ebbene sì, è ora che lo manifesti apertamente: a me sta simpatico, tanto per chiarire cosa penso di lui, nonostante non lo stia trattando con guanti di velluto- scende ai minimi storici. E ci si mette pure papà (l’abbiamo citato apposta, poco sopra), uno che perde sempre una buonissima occasione per starsene zitto e muto, limitandosi piuttosto ad ammirare le prodezze del pargolo prediletto…

Da lì in poi comincia una rapidissima discesa verso gli inferi, proprio al pari di una tragedia greca, ove man mano si precipita ineluttabilmente verso un drammatico epilogo. Si parte con la creazione di una sorta di sindacato autonomo, che Djokovic mette in piedi quasi dal nulla assieme a quel buontempone di Pospisil (uno che nulla aveva da perdere, notate bene: lui…), che dà linfa a chi vede il nostro come malato inguaribile di protagonismo: il silenzio tombale in merito, o quasi, degli altri due terzi della sacra trimurti, la dice lunga su come il passo sia stato assai poco apprezzato -eufemismo-. Nuova parentesi: ho netta l’impressione che Djokovic, al di là delle motivazioni che l’hanno spinto a creare una frattura -di fatto- in seno all’Atp, abbia messo in moto il teatrino proprio ora allo scopo di riguadagnare rapidamente qualche consenso dopo il flop Adria cup. E spesso, nel tentativo di rimediare in maniera spasmodica ad un errore, si finisce col commetterne un altro…

Chiusa parentesi, ed andiamo dritti al finale burrascoso: qui si direbbe che gli dei si son ribellati bruscamente, perché una pallina lanciata alla cieca per smorzare la frustrazione, la quale finisce dritta sulla gola di una attempata giudice di linea, come la vogliamo chiamare se non malasorte nera? Bastavano 10 centimetri più in là, bastava che lì ci fosse stato qualcuno meno piagnone (che non finiva a terra rantolante come dopo un assalto di Jack lo Squartatore), ed il favorito numero 1 si beccava il suo bel penalty point, foss’anche un penalty game, 100.000 dollari di multa alla fine del match, ed il ‘placet’ per continuare la corsa verso l’immancabile finale: lui con la coppa alzata, ed i vari Zverev, Shapovalov, Thiem e Berrettini (magari!) ad ammirare imbronciati la scena…

Macché, quando qualcosa deve andar male, ci andrà senza dubbio, il buon vecchio Murphy docet. La hybris, il karma, la tracotanza punita, sbizzarritevi siori e siore: comunque, questo è. Uno Slam di meno, la rincorsa all’immortalità che subisce un inciampone, qualche milione di banconote verdi che prende il volo -e questo è il meno, non finirà all’angolo della strada col cappello in mano, anche se lo zio Paperone di cui sopra la penserebbe diversamente-. Ma, a proposito, nulla ma proprio nulla in confronto alla peggiorissima (vado anche contro la grammatica per farmi capire meglio, mi perdonerà il mio antico professore d’italiano) conseguenza: una miriade di Qui Quo Qua a fargli la morale! Dannati nipotastri, vi tirerei il collo persino io, se potessi…

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