Australian Open, quanti intoppi

Dopo i voli maledetti, l’isolamento forzato e gli allenamenti centellinati, è arrivato ieri l’annuncio di un caso di positività in un hotel che sta facendo tremare molti tennisti

Sicuramente un’edizione che ricorderemo a lungo. Era iniziato in salita, con il lungo regolamento per i trasferimenti, il soggiorno, il comportamento dentro e fuori dal campo; poi si sono aggiunti i casi di positività sui voli, che hanno costretto oltre 70 tennisti ad un isolamento totale per 14 giorni, rendendo impossibile un’equa preparazione per lo Slam. Si era finalmente tornati in campo, ma la pace idilliaca è durata poco. Un fulmine a ciel sereno il comunicato degli organizzatori: un caso di positività nello staff di uno dei tre hotel di Melbourne utilizzati per il soggiorno dei giocatori. Quello di lusso, per essere precisi, dove fino a qualche giorno fa soggiornava anche Matteo Berrettini, che per un colpo di fortuna ha cambiato alloggio il 29 gennaio, proprio l’ultimo giorno in cui il dipendente, oggi positivo, ha lavorato all’hotel. Come tutto il resto dello staff, anche lui era stato testato quel giorno, con esito negativo. I sintomi sono arrivati nei giorni seguenti, fino al tampone positivo che ha richiesto un immediato intervento degli organizzatori.

È seguito l’annuncio della sospensione di tutti i match per la giornata di giovedì 4 febbraio per poter intanto sottoporre a tampone tutti i contatti diretti e indiretti, tra cui anche i tennisti che alloggiano all’hotel. Per il momento nessuna positività, che fa ben sperare per il proseguimento, anche perché risultare positivi ora significa dover cominciare un nuovo periodo di isolamento totale e di conseguenza dover anche rinunciare allo Slam, il vero motivo per cui sottoporsi a tutte queste condizioni così rigide. È una fortuna anche che non siano stati rilevati contatti diretti tra il dipendente dell’albergo e qualche giocatore, perché avrebbe significato l’obbligo di isolamento totale per 14 giorni e quindi anche in questo caso la rinuncia agli Australian Open.

E mentre noi teniamo il fiato sospeso in attesa di capire se ci saranno altri depennamenti dall’entry list del primo Major stagionale, la WTA annuncia una misura per aiutare ad arginare gli effetti di questo ritardo del programma di un giorno. Visto che lo Slam inizierà comunque lunedì, per non affaticare troppo le giocatrici si è deciso di sostituire il terzo set con un long tiebreak a 10 punti, come quello che si vede nel doppio. Nessuna misura simile per ora annunciata dall’ATP, ma non è da escludere. Arrivare stanchi a domenica e dover magari disputare un match da 5 set già il lunedì non è il modo migliore per iniziare la propria avventura in uno dei quattro più importanti appuntamenti dell’anno.

La situazione più originale è sicuramente quella delle tenniste che partecipano al Grampians Trophy, il WTA 500 dedicato alle tenniste in isolamento assoluto, creato per far sì che anche loro possano giocare in condizioni eque questa settimana. Insomma, una gran fatica per poter giocare almeno qualche match prima di uno Slam che sarà comunque più complesso per loro. Tra queste c’era anche Bianca Andreescu, che sembra essere stata lungimirante con il suo ritiro prima ancora di scendere in campo.

Nella speranza che tutto domani possa riprendere regolarmente – facendo fronte anche al maltempo -, in realtà si profilano all’orizzonte due settimane di timore. Il timore che si scopra un caso di positività anche durante il torneo, che magari i contagi si spargano a macchia d’olio e finiscano non solo per bloccare il programma, ma anche per causare una pioggia di ritiri forzati. C’è insomma da tenere duro, ora più che mai, ed avere fiducia dell’organizzazione, che ha mostrato fino a qui grande attenzione, anche ai più piccoli dettagli.

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