A qualche decina di migliaia di chilometri da Dubai, dove si avverava come un lieto fine il magico trionfo di Roger Federer, nella costa meridionale del Brasile Klara Zakopalova e Garbine Muguruza si davano battaglia per la conquista di un piccolo torneo, giunto appena alla sua seconda edizione, quello di Florianopolis.
Da una parte Garbine Muguruza Blanco, giovane spagnola nata a Caracas nel ’93, che dopo aver raggiunto una bella semifinale all’erbivoro Topshelf Open del 2013, a inizio anno aveva conquistato il suo primo trofeo in carriera, sul cemento australiano di Hobart, dove aveva battuto in finale la ceca Klara Zakopalova. E dall’altra, oggi, c’era ancora lei, la minuta Klara, undici anni più anziana ma un viso corrucciato da bambina che tradisce una carriera spesa per anni nelle retrovie del tennis che conta. Un tennis d’attacco, astuto anche se un po’ fragile, le avrebbe potuto dare ben più soddisfazione se non fosse stato per quella sua indole, rinunciataria, un filo nevrotica e in apparenza distratta, cagione di molte sconfitte amare.
Fattasi donna, Klara Koukalova – divenuta Zakopalova dopo il suo matrimonio con il giocatore di football Jan Zakopal, da cui ha divorziato poche settimane fa – aveva corretto molti degli errori di gioventù, diventando più solida e riuscendo a raggiungere risultati più consistenti: lo scorso anno, superati i 30 anni, era entrata per breve tempo nella top 20 e aveva raggiunto la finale di Shenzhen, persa dopo grande lotta contro Na Li. Quest’anno si è ripetuta a inizio stagione, con ben due finali perse: a Hobart, appunto, sconfitta dalla Muguruza, e la settimana scorsa, a Rio de Janeiro, dove ha lasciato il posto, più per demeriti suoi che per eccellenze altrui, alla non irresistibile giapponese Kurumi Nara. 12 finali perse (la prima di queste, nel lontano 2001) a fronte di appena due vinte, entrambe nel 2005, a s’-Hertogenbosch e Portoroz: un bilancio scoraggiante per chiunque.
Ma, quest’oggi, Klara ha uno sguardo diverso dal solito. E’ intenzionata ad affrontare quella fragilità che tutti le stampavano addosso, decisa a soffocare l’energia di una giovane rampante dal sangue latino. Ferma a non lasciarsi scappare un altro match, tra le tante delusioni successive al ricordo sbiadito dell’ultimo trionfo di ben nove anni prima. Allora, di anni ne aveva ventitré. Carica di sogni, prospettive, proprio come la bella giovane che in quel momento picchiava dall’altra parte della rete.
Eppure il rocambolesco primo set non parte con i migliori auspici: dopo un break per parte, sul 5 a 4 cede il break decisivo alla spagnola dopo aver salvato ben 3 set point ed avere ottenuto una chance per il 5 pari.
Se c’è Klara in campo, non è difficile credere che anche la partita, prima o poi, si riveli una commedia dell’arte nevrotica. Emblematico il secondo set, che conta numeri pantagruelici in fatto di colpi di scena: in tutto 7 break per parte e 16 palle break totali. Muguruza stacca subito e vola avanti 5 a 2.
Ma se il maggior difetto di Klara è quello di lasciar perdere durante i momenti importanti, il suo strampalato ma notevolissimo pregio è quello di dare il meglio in condizioni non solo di svantaggio, ma letteralmente disperate. Klara, quasi con stizza, proprio quando crede di aver buttato ancora una delle tante occasioni, tiene il servizio a 15 e strappa al terzo tentativo il servizio della Muguruza, volando 5 pari con disarmante efficacia.
Ma, se prima quei vincenti non erano altro che flebili canti del cigno, adesso la ceca inizia a crederci davvero e, superato il brivido di una cocente delusione, sfodera un tennis libero e spumeggiante che pian piano distrugge le certezze della spagnola, la quale probabilmente stava già meditando al discorso di ringraziamento. Risultato? La perdente, anzianotta e fragile ceca travolge la ruspante virgulta mettendo in serie 11 games consecutivi. Si aggiudica il parziale per 7-5 e domina il terzo, con un 6-0 conquistato in appena 26 minuti.
Pochi minuti dopo Klara è là, a parlare ai microfoni, i mille nei che si rispecchiano sulla coppa di vetro smerigliato. Le viene chiesto come ci si sentiva ad aver vinto il suo terzo trofeo dopo un’astinenza di nove lunghi anni. Risponde con moderata gioia, tradita dal suo sorriso triste, il suo portamento calmo, la paziente risolutezza di chi non è abituato ad avere tutto ma a lottare sempre ed aspettarsi ogni cosa buona così come ogni cosa cattiva con il sereno pragmatismo che hanno i veri, onesti operai del tennis professionistico. Ce l’ha fatta, Klara. Da lunedì tornerà n. 29 al mondo, raggranellando qualche punto e scalando posizioni perdute. E, alla soglia dei 32 anni, può aggiungere un nuovo capitolo di rinascita alla sua lunga carriera.
K. Zakopalova b. G. Muguruza – 4-6 7-5 6-0