Wimbledon 2013: Federer sconfitto! Ecco chi è Sergiy Stakhovsky, che oggi pensa al ritiro

Tennista ucraino classe 1986 con una carriera di tutto rispetto. Oggi pensa al ritiro, ma con il sogno di Tokyo 2020. Alcune dichiarazioni in fondo.

Wimbledon 2013. Un’edizione che molti di voi ricorderanno soprattutto per un clamoroso avvenimento: l’eliminazione al secondo turno di Roger Federer per mano dell’allora numero 116 al mondo Sergiy Stakhovsky. Re Roger esiliato dal suo regno, costretto ad abbandonare il suo amato verde. In tribuna tutti increduli; spettatori e giornalisti sbigottiti. Ma è tutto reale. L’esecutore è un tennista ucraino di quasi due metri; fino ad allora poca gloria per lui, tanti anni di onesto professionismo e qualche buona vittoria, ma questo chi se lo sarebbe aspettato? Probabilmente nemmeno lui. Eppure sembrava davvero aver preparato quel match proprio per vincerlo, o almeno per giocarsi una possibilità.

Conosce i suoi limiti, conosce la grandezza del suo avversario; sa di non poterlo battere scambiando da fondo, Roger fa cosa vuole con la pallina e sente l’erba come nessun altro. Allora decide di fare all-in sul serve & volley: più lo scambio è corto e meno ritmo concede al suo rivale. Pensate che scende a rete per ben 96 volte! Spezza dunque le geometrie del Maestro di Basilea, che in risposta non riesce (quasi) mai a trovare ritmo.

È una partita lunga, sofferta, giocata a grande intensità. Il pubblico, ovviamente, è dalla parte di Federer, ma non si può restare indifferenti dinnanzi la strepitosa gara di Stakhovsky e non mancano boati di ammirazione anche dopo qualche suo bel punto. Mette in campo tutto se stesso, gioca con estrema determinazione, con intelligenza e coraggio (mette a segno la bellezza di 72 vincenti, contro i 56 di Federer), riuscendo a tenere testa ad un tennista praticamente sovrumano. Recupera lo svantaggio del primo set, perso al tie-break, e si porta in vantaggio per 2 a 1. Si va al quarto. Tanta pressione. Si arriva al tie-break, ancora. Tensione alle stelle. Roger è sotto 4-6. È finita? No, salva il primo match point, sembra ancora tutto possibile… Ma poi sul secondo si scrive la storia: rovescio in corridoio, Sergiy si getta a terra incredulo e stremato, ha vinto lui. Si è imposto 6-7, 7-6, 7-5, 7-6 dopo tre ore esatte di gioco, interrompendo così la straordinaria striscia di 36 quarti Slam consecutivi dello svizzero.

Serhij Stachovs’kyj nasce a Kiev il 6 gennaio 1986. Giovane talento di belle speranze, si guadagna un posto tra i migliori 30 juniores al mondo. Nel 2004 comincia a fare sul serio: raggiunge la finale agli US Open juniores, poi persa contro Andy Murray, e gioca il suo primo incontro di singolare in un torneo ATP. Tra il 2005 e il 2008 “si fa le ossa” giocando prevalentemente tornei challenger. Proprio nel 2008 vince il primo dei suoi 3 titoli challenger, tutti sul cemento (nel 2013 e 2014 gli altri due), e nello stesso anno riesce anche a vincere, a sorpresa, l’ATP 250 di Zagabria. Accede al tabellone come lucky loser e, incontro dopo incontro, si guadagna un’inaspettata finale, dove riesce a sconfiggere la testa di serie numero 1 Ivan Ljubicic. Nel 2009 conquista il suo secondo titolo all’ATP 250 di San Pietroburgo, compiendo un’altra impresa, questa volta in semifinale, contro un giocatore di altissimo livello come Marat Safin (ex numero uno del ranking). Nel 2010 vive la sua miglior stagione, nonostante gli alti e bassi: si impone in ben due tornei ATP 250, l’Ordina Open e il Pilot Pen Tennis, durante la stagione estiva, e a settembre dello stesso anno raggiunge il suo best ranking, il 31° posto.

Della sua impresa a Wimbledon nel 2013 abbiamo già parlato. La vetta più prestigiosa e memorabile della sua onesta carriera. Oggi si trova al 167° posto in classifica e sembra ormai prossimo al ritiro. Ma ha ancora un importante obiettivo da raggiungere: la qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo. Adesso è questa la priorità nella sua programmazione e in caso di mancata qualificazione olimpica, Wimbledon potrebbe essere il suo ultimo torneo. Queste le sue parole:

Mi sto concentrando su grandi tornei, poiché diventa sempre più difficile trovare motivazione nei challengers. Probabilmente non parteciperò a una serie di tornei in Asia. La priorità principale è arrivare alle Olimpiadi. Se non funziona, non escludo che Wimbledon sarà il mio ultimo torneo. Ho avuto una buona carriera, e ormai ho 34 anni. Non sto diventando più giovane. E poi è diventato difficile trovare sempre una scusa, per i miei tre bambini, ogni volta che mi allontano da casa.

Sembra dunque giunto ai titoli di coda della sua carriera da giocatore, ma non vuole rinunciare a mettersi in corsa per un appuntamento straordinario come le Olimpiadi. Risulta, però, evidente che abbia smarrito la grinta e la passione di un tempo. Per questo gli auguriamo che si possa avverare il suo ultimo desidero da tennista e che possa così lasciarsi tutto alle spalle e dedicarsi alla vita privata.

Le possibilità di arrivare a livelli più alti sono basse. Allo stesso tempo sto sacrificando tutto: salute, educazione, amici. E un punto fondamentale: la famiglia.

 

P.s. Anche in caso di mancata qualificazione, concludere la sua carriera proprio a Wimbledon sarebbe davvero emozionante e anche un po’ romantico. 

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