Kyrgios, “dirt rats” e la risposta tardiva di Seyboth Wild: cronaca di un caso inesistente

Il brasiliano ha commentato le ambigue parole di Nick Kyrgios contro gli specialisti della terra rossa, risalenti a più di un mese fa. L'ultima perla del bad-boy di Canberra, che senza pandemia avrebbe forse scatenato l'ira, ma invece potrebbe essere una dottissima citazione.

Una vicenda quasi senza senso, in un momento storico in cui l’incertezza regna sovrana. La raccontiamo qui di seguito per dovere di cronaca, ma senza prendere per nulla sul serio l’accaduto. Thiago Seyboth Wild, il 25 di marzo è stato il primo tennista a risultare positivo al Covid-19. Il 20enne, freschissimo campione dell’Atp 250 di Santiago, ora sta bene ed è tornato sui social. Rispondendo ai fan, ha commentato una frase oramai datata dal profilo Twitter di Nick Kyrgios contro gli specialisti della terra battuta, risalente proprio alla settimana del torneo in Cile. Indirettamente, di mezzo, ci finisce anche Dominic Thiem, che però, Deo gratias, non se ne cura. L’austriaco si allena e si stringe alla famiglia in un momento in cui dare rilevanza ad un fatto del genere risulterebbe infantile.

Nick Kyrgios dirt rats

“Che ca… – un altro 250 sulla terra mentre ci sono due Atp 500 sul duro”, questa la traduzione letterale del post di Kyrgios. Poi un hashtag finale il cui equivalente sarebbe “sterminate i ratti da fango”. Un post che raffigura il tabellone dell’Atp 250 di Santiago, torneo poi vinto proprio da Seyboth Wild. Un post dai toni alla Nick Kyrgios, al solito inelegante e senza mezzi termini. Un mese e mezzo più tardi, in piena pandemia Covid-19 e sospensione di tutte le competizioni, sui social ha risposto il brasiliano. “Penso che stesse parlando di Dominic Thiem, ed è una frase che non ha bisogno di commenti”, ha affermato il giovane sudamericano. A quest’ultimo, tuttavia, è probabile sia stata riferita solamente l’espressione durissima del collega australiano, senza annettere la foto. Il post segue infatti i giorni di polemiche sui social da parte di Kyrgios in seguito all’ascesa di Gianluca Mager, finalista all’Atp 500 di Rio de Janeiro. Per l’australiano, la presenza della tournée sudamericana sulla terra battuta, mentre in Europa, a Dubai, e pure ad Acapulco, si gioca sul cemento, falsa la classifica. La polemica con un utente, su Twitter, è iniziata facendo notare i pochi risultati di Mager sulle superfici dure in carriera, meravigliandosi di come, con il risultato di Rio, Mager sia arrivato alla posizione numero 77 del ranking. Superando, oltretutto, tennisti più celebri di lui, quali Vasek Pospisil e Alexey Popyrin. Kyrgios non ha mai nascosto il suo disprezzo, almeno apparente, per la terra battuta. Arrivandosi a beccare perfino le critiche di un suo costante sostenitore quale la leggenda John McEnroe. La terra battuta, fece notare il campione americano, è parte integrante della storia del tennis, senza il quale questo ne uscirebbe ridimensionato, meno vario e senza alcuni fondamentali interpreti del gioco, che dalla terra rossa hanno preso a migliorarsi nel tempo e a vincere anche sul cemento. Tra questi, ovviamente, anche Thiem. Tuttavia, è difficile, abbinando la foto alla piccola didascalia, pensare che il fresco numero 3 del mondo fosse il destinatario del messaggio. Non solo perché assente nel tabellone di Santiago, ma anche perché forte di una nuova classifica costruita con le recentissime finali tra Atp Finals e Australian Open. Tutt’altro che un “ratto da fango”, insomma. Ed è altrettanto complicato che il bad-boy aussie possa arrivare a pensare questo dell’austriaco, con cui non ha mai avuto particolari frizioni. Non solo “Domi-nator” è uno dei più rispettati all’interno del Tour, ma essendo quella del “ratto da fango”, una carta mai giocata da Kyrgios neanche contro l’acerrimo nemico Rafael Nadal, non vi è alcuna ragione per ritenere che l’ex numero 13 Atp abbia tale opinione di uno che peraltro è anche il campione in carica ad Indian Wells.

Le parole di Kyrgios, sempre lungi dall’essere condivisibili, vanno almeno per questa volta accantonate. Perché di fronte ad una pandemia perdono di valore. La quarantena dilata i tempi. Dagli ultimi tornei giocati sembra passato ben più di un mese e per giudicare le parole bisognerebbe tornare a calarsi in quel contesto e tornare a quell’atmosfera. Per di più parliamo di Kyrgios, un figlio del suo tempo, che usa i social in maniera controversa e furba. E in questo caso, forse, anche molto sottile. Una sottigliezza a cui forse neanche Seyboth Wild è arrivato. Nel gergo delle community virtuali, la pratica a cui Nick Kyrgios ricorre spessissimo sui social e ai microfoni è quella del “flame“. Il flaming è la tecnica usata da un troll che, criticando qualcosa o qualcuno, attira l’attenzione su di sé. O ancor di più, scatena deliberatamente l’odio della community su un’opinione e su chi la dà. Una cosa per cui, piaccia o no, il ragazzo di Canberra, ha sempre avuto talento. Un atteggiamento che porta la maggioranza a giudicare Kyrgios come uno stolto, per usare un eufemismo. Ma nulla di più sbagliato si può fare con un ragazzo come il numero 40 del mondo, che in questo caso potrebbe aver scelto in maniera diabolicamente precisa anche l’espressione “dirt rats. Il medesimo abbinamento, ugualmente a criticare gli specialisti del rosso, lo usava, ci dice nel suo “Open”, Andre Agassi. Da qui la traduzione “ratti da fango“, presente nell’adattamento italiano dell’autobiografia. Fin dagli inizi della sua carriera, l’ex numero 1 del mondo definiva così insieme al suo staff quei giocatori che giocavano continuamente sulla terra, scontrandosi con i più forti dopo che questi venivano dai campi in cemento. Agassi è stato il numero 1 che odiava il tennis, tuttavia l’unico ambito in cui pensava di poter riuscire nella vita. E da Kyrgios, che ha più volte detto di preferire il basket al tennis, non è così improbabile aspettarsi un riferimento letterario da quella che molti hanno definito la più bella autobiografia sportiva di tutti i tempi. Quindi, anche e non solo perché viviamo il momento più difficile dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, non è il caso di sollevare polemiche. Seyboth Wild ha risposto in maniera semplice, senza scaldare l’atmosfera, ma ancor meglio sarebbe stato sorvolare.

Così come ha fatto Thiem, che ha rilasciato un’intervista a “Red Bull”, dove fortunatamente di Kyrgios e di Seyboth Wild non c’è traccia. I temi principali sono ovviamente il tempo in famiglia e la routine modificata durante la pandemia che ha bloccato ogni competizione. La speranza è quella di trarre delle cose positive anche da un periodo così delicato: “Spero si arrivi alla conclusione che l’eccessiva globalizzazione è un male. L’evoluzione sempre più in grande, e rapida, non fa bene. Né al pianeta, né alle persone e né all’ambiente. Spero che presto si torni ad un livello di normalità”. Gli allenamenti continuano: petto, addome, schiena e gambe. Ma c’è anche più tempo per dormire, per chiamare con gli amici e giocare con loro alla Playstation. “È questo che mi dà forz.”, aggiunge, “il tempo con mio fratello, la mia famiglia e il mio cane. Cerco di sfruttare al massimo tutto questo”.

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