McEnroe e Navratilova scendono in campo contro Margaret Court

Le dichiarazioni a dir poco forti di Margaret Court relative alla comunità LGBT hanno sollevato da tempo le proteste di colleghi ed attivisti che chiedono a gran voce la rimozione del nome della campionessa australiana dal celebre campo di Melbourne. A favore della “ridenominazione” dello stadio si sono schierati anche John McEnroe e Martina Navratilova, con tanto di striscione e “attentato” al giudice di sedia.

Nell’ultimo anno Margaret Court ha fatto parlare tanto di se, non per il suo storico Grande Slam del 1970 che le ha portato l’intitolazione del secondo stadio di Melbourne, quanto per le dichiarazioni discutibili sui diritti della comunità LGBT. L’ex campionessa australiana si era da sempre dichiarata contraria ai matrimoni tra omosessuali, forte anche della sua profonda fede cristiana che la vede fondatrice di un movimento pentecostale ( Victory Life) sito a Perth.

Tali esternazioni avevano già attirato critiche e qualche antipatia da parte dei più strenui difensori delle cosìdette famiglie arcobaleno. Le sue posizioni però se prima erano opinabili ma rispettabili hanno superato ogni limite quando si è abbandonata a commenti piuttosto infelici quali “i bambini transgender e chi cambia sesso sono influenzati dal diavolo” e posizioni poco democratiche quando aveva rifiutato di prendere i voli di una nota compagnia aerea australiana solo perchè il suo presidente aveva espresso il suo favore ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.

LA FURIA DI NAVRATILOVA E JEAN Gli ultimi episodi hanno scatenato l’ira delle colleghe Martina Navratilova e Billie Jean King tra le prime atlete a dichiarare la loro omosessualità, che hanno invocato la rimozione del nome della Court dallo stadio di Melbourne a lei intitolato.

La pluricampionessa Slam dal canto suo aveva criticato pesantemente l’organizzazione degli Open d’Australia rea di non averla invitata per celebrare i cinquant’ anni del suo Grande Slam, come fatto invece per il collega Jhon McEnroe. Facile pensare che tale freddezza da parte del mondo tennistico australiano sia stato causato dalle sue posizioni viste come omofobe ed intolleranti, tanto che la Court aveva sentito il bisogno di spiegare di non avere nulla contro le persone omosessuali ma di sentirsi in dovere di riportare gli insegnamenti della Bibbia.

A gettare acqua sul fuoco tempo fa ci pensò il Primo Ministro Australiano, Malcolm Turnbull, affermando che la Margaret Court Arena celebra la Court come tennista e non come donna e le dichiarazioni anti-gay non mettono di certo in discussione la grandezza dell’atleta.

 

ANCHE MCENROE IN CAMPO CONTRO LA COURT Ma a quanto pare questo non è bastato dato che Martina Navratilova e John McEnroe due giorni fa sono letteralmente scesi in campo a Melbourne per chiedere la rimozione del nome della Court dal campo australiano.

Alla fine del match di doppio dell’ex tennista ceca in coppia con Daniela Hantuchova, i due assi del tennis mondiale hanno brandito uno striscione campeggiante la scritta Evonne Goolagong Arena, manifestando affinchè il Margaret Court Arena venga intitolato ad un’altra campionessa australiana a loro parere più meritevole. Non solo, John e Martina hanno anche raggiunto il microfono del giudice di sedia per dar “voce” alla loro protesta ma la diretta televisiva è stata tagliata proprio in quel momento. I due ex tennisti hanno rischiato anche un provvedimento disciplinare da parte dell’amministrazione che li ha accusati di aver infranto il protocollo, minacciando un ritiro degli accrediti per il proseguo del torneo ma pare che la cosa sia naufragata.

La federazione tennistica australiana ha già fatto sapere che la decisione su una possibile ridenominazione del campo della discordia resta di competenza dello Stato della Victoria che ne detiene la proprietà.

Da sottolineare che la stessa Navratilova, da sempre strenua paladina dei diritti omosessuali, tempo fa si schierò contro la partecipazione delle atlete transgender al circuito WTA e questo le costò l’espulsione dalla comunità LGBT.

Sport e diritti civili, un binomio di difficile coesistenza.

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