Slam Wta: un circuito senza regina, ma sarà un problema?

Per il terzo anno consecutivo il circuito WTA ha avuto 4 campionesse Slam differenti, mostrando ancora una volta quanto equilibrio ci sia nel tennis femminile attuale. Le giocatrici a poter ambire al titolo sono sempre tante e le sorprese sembra non volerne sapere di finire. Potrebbe essere il 2020 l’anno della svolta?

Qualche giorno fa la tedesca ex top 10 Julia Goerges ha rilasciato un’interessante intervista, in cui ha elogiato il grande equilibrio del circuito WTA, che permette alle giocatrici di poter sognare in grande e avere le proprie chances di fare il colpaccio, e ai tifosi di vedere una finale sempre diversa e mai scontata. Molto meglio del circuito ATP secondo Julia, che ha 3 grandi nomi che finiscono per spartirsi quasi tutta la torta. Opinione ovviamente tanto personale quanto discutibile, senza considerare che tra pochi anni anche nel maschile potrebbe esserci una situazione simile, ma sicuramente al momento i fatti sono questi. Per la teutonica la prossima stagione sarà ricca di sorprese, anche grazie alle Olimpiadi, ma per il circuito WTA la vera sorpresa sarebbe non avere 4 vincitrici Slam diverse.

Si, perché sono ormai 3 anni in cui nessuna atleta è capace di ripetersi all’interno della stessa stagione. A onor del vero, Noami Osaka è stata in grado di vincere due Major consecutivamente, ma non nello stesso anno, non riuscendo così a rompere la maledizione. L’ultima in grado di ripetersi è stata Angelique Kerber nella sua stagione d’oro, il 2016, anno in cui si impose a Melbourne su Serena Williams e poi a New York su Karolina Pliskova, aggiudicandosi entrambi gli Slam sul cemento. Nel 2015 vi fu invece il completo dominio di Serena Williams, che dopo aver vinto gli Us Open nel 2014 aveva proseguito nella sua striscia di vittorie fino a Wimbledon – 4 Slam di fila dunque, per la seconda volta in carriera – prima di cedere alla pressione e soprattutto al tennis vellutato di Roberta Vinci, a sole 2 partite dal completare il Grand Slam. Ma oltre al 2015, Serena Williams ha indubbiamente dettato legge per molti anni nel circuito, sia nei primi anni 2000 che dal 2012 in poi circa, con qualche stagione più complicata in mezzo anche a causa di problemi fisici e di salute. Quando nel 2017 ha lasciato momentaneamente il circuito per la maternità, si è generato il caos e si sono susseguite diverse campionesse, non proprio fortunate. Il primo Slam giocato dopo l’annuncio è stato il Roland Garros, vinto da Jelena Ostapenko, una ragazza – predestinata – di 20 anni appena compiuti che non aveva mai vinto un torneo e che non sembrava neanche avere questo grande feeling con la terra. Un mese dopo, a Wimbledon, Garbine Muguruza sorprende tutti vincendo sull’erba di Wimbledon il suo secondo Major. Nessuna delle due è stata capace di tenere quel livello e sono tra le tenniste più in crisi del circuito – e allo stesso tempo tra le più talentuose -. Agli Us Open vince Sloane Stephens, rientrata da poche settimane da un infortunio. Altro giro, altra sorpresa, e purtroppo anche altra giocatrice ora in grave crisi dopo un 2019 estremamente deludente. Il 2018 si apre con la finale tra due giocatrici esperte ma che nelle finali non hanno mai saputo dare il meglio, Wozniacki e Halep. Vince la danese, che a fine anno comunicherà di essere affetta dall’artrite reumatoide ed esattamente 12 mesi dopo, in questi giorni, di essere pronta per il ritiro dal circuito dopo gli Australian Open. Non esattamente 4 vincitrici fortunate, almeno per ora. A Parigi vi è finalmente la vittoria di Simona Halep, la miglior interprete del gioco su terra attualmente, e a Wimbledon torna a vincere uno Slam Angelique Kerber, che dopo il magico 2016 era calata notevolmente d’intensità. La prima vera sorpresa della stagione la regala Naomi Osaka a Flushing Meadows, che supera la sua eroina Serena Williams, rientrata da pochi mesi nel tour e comunque già alla seconda finale Major. Come si diceva poco fa, la nipponica con padre haitiano è stata capace di ripetersi pochi mesi dopo trionfando anche sul cemento australiano, facendo così pensare ad una nuova dominatrice. Il resto della stagione non ha confermato questa possibilità, anche se personalmente ancora ci credo; un anno e mezzo giocato da almeno top5, con numero 1, due titoli Slam, due Premier Mandatory, il tutto a 22 anni compiuti da poco. Al Roland Garros è però emersa la principale avversaria della giovane giapponese, la classe 1996 Ashleigh Barty, che su terra non aveva mai vinto nulla in carriera ma ha saputo ben gestire il torneo delle sorprese, superando la neanche 18enne Anisimova in semifinale e la 19enne Vondrousova in finale. A Wimbledon continuano i risultati inaspettati, con Simona Halep che vince battendo Serena Williams nell’atto conclusivo. Se Barty e Halep si fossero scambiati i titoli probabilmente non sarebbe stato poi così strano, anzi. A New York arriva una finta sorpresa invece, con Bianca Andreescu che batte ancora Serena dopo aver giocato una stagione spettacolare.

Tre anni in cui solo Simona Halep e Naomi Osaka sono state in grado di affermarsi due volte, tre anni di pronostici completamente aperti, di grandi scalpi, di outsiders alle fasi finali e di teste di serie eliminate nei primi round. Il motivo di questo equilibrio potrebbe attribuirsi alla mancata leadership della minore delle Williams, ma sarebbe riduttivo e naif. È piuttosto lecito pensare che ci sia un grande ricambio generazionale in corso, con qualche tennista più esperta ancora in grado di dire la propria – come Halep o Kerber -, ma con le giovani Osaka, Barty, Andreescu e a breve Anisimova, Gauff, Yastremska, pronte a prendere il loro posto e a generare nuovi equilibri, nuove grandi rivalità, nuovi contrasti stilistici. E nonostante le tante critiche sentite e lette in questi anni sull’assenza di punti di riferimento e della degenerazione del tennis femminile in una sfida tutta di potenza, priva di tattica e intelligenza, mi sento di spezzare una lancia in favore di ciò che verrà, o che forse è già qui. Ci sono stati anni complicati, anni in cui il livello ai vertici è stato un po’ più basso rispetto al primo decennio di questi anni 2000, ma a mio parere ci stiamo preparando ad un periodo d’oro, un periodo forse senza una dominatrice assoluta, ma con delle atlete talentuose e variegate, che difficilmente renderanno una partita noiosa al punto di non essere vista, anzi. Le variazioni di Barty, i colpi filorete giocati in situazioni improbabili da Osaka, l’intelligenza tattica di Andreescu, il forcing da fondo campo di Anisimova, l’anticipo di Bencic, il tocco fatato di Vondrousova, il dritto devastante di Sabalenka, la grinta della piccola Coco Gauff e tante altre.

Avremo nel 2020 una tennista in grado di vincere due titoli Slam? Onestamente, non saprei dire. Non saprei dire se Barty sarà in grado di essere una profeta in patria a Melbourne, se Halep tornerà a dominare sulla sua terra parigina, se Serena Williams riuscirà a prendersi il 24esimo sigillo sull’erba amata di Wimbledon o se Osaka e Andreescu si contenderanno il titolo a New York, ma su una cosa credo si possa stare abbastanza tranquilli: lo spettacolo non mancherà, non mancheranno grandi finali lottate fino all’ultimo punto e non mancherà la qualità tecnica e agonistica. E se capiterà di avere una pluricampionessa Slam, ben venga, ma nel frattempo prepariamo i popcorn: tra meno di tre settimane inizierà la nuova stagione, e non rimarremo delusi.

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